La filosofia ha molte facce e tuttavia non è facile trovare un soggetto che ne esprima di così diverse come Claudio Sottocornola che, conosciuto come “il filosofo del pop” per la sua indagine a tutto campo nel mondo della popular culture (con particolare attenzione per la dimensione musicale), si trova altrettanto a proprio agio nel mondo della teologia e della spiritualità (con particolare attenzione al tema della crisi del sacro nelle società occidentali).
Il suo background, poliedrico e interdisciplinare, lo ha visto soprattutto insegnante di Filosofia e Storia nei licei, ma è stato anche docente di IRC, Materie Letterarie, Scienze dell’educazione, Storia della canzone e dello spettacolo alla Terza Università di Bergamo, mentre è iscritto all’ordine dei giornalisti dal 1991, attività per cui ha inanellato memorabili interviste ai maggiori esponenti della canzone, dello spettacolo e della cultura italiana (ora nella silloge “Varietà”, Marna 2016) ed ha pubblicato cd, dvd e pendrive dei suoi studi musicali e delle sue lezioni-concerto, percorsi visivi, libri di poesie tradotti in più lingue, e soprattutto tanta saggistica filosofica a cavallo tra esistenza e spiritualità.
Ciò che potrebbe costituire a prima vista occasione di dispersione o di frammentarietà, risulta invece in Sottocornola totalmente integrato e orientato alle sue finalità filosofiche, come egli stesso dichiara: “In realtà utilizzo musica, poesia e immagini per esprimere una visione del mondo, che è proprio del filosofare”. Così autobiografia e cultura pop lo conducono spontaneamente a indagare l’attuale crisi del sacro in Occidente, vista anche come crisi di quella cultura popolare che egli esplora, e che fu particolarmente amata, per esempio, da Olmi, Pasolini, don Milani.
Del resto, il filosofo che canta – così Sottocornola è stato anche chiamato per le sue riletture dei classici della canzone pop, rock e d’autore italiana – concepisce la conoscenza come interpretazione, come rapporto fra una coscienza e un mondo, ove la persona – come si chiamava la maschera utilizzata nel teatro greco per amplificare la voce dell’attore ma anche per caratterizzarne il personaggio – diviene un po’ cassa di risonanza dell’universo, e la sua sensibilità uno strumento cognitivo determinante, proprio attraverso l’interpretazione che ne offre.
Ora è finalmente uscita per le edizioni Velar una antologia che seleziona alcuni fra gli scritti filosofici più significativi di Claudio Sottocornola relativi alle grandi domande esistenziali, al confine fra teologia, pensiero critico, attualità, spiritualità, sotto il titolo programmatico Fiorire nel deserto (Velar, 2023, pp. 162), a segnalare quella condizione anomica e liquida, fatta di solitudini esistenziali e di cinismo antropologico, che caratterizza il contemporaneo.
Per questo i temi affrontati sono riparativi e terapeutici, nel tentativo di alimentare una rinnovata attitudine alla speranza, che appare oggi trascurata o dimenticata nella vita delle persone, a cui Sottocornola intende additare le opzioni sempre possibili dell’amore, del dono, della relazione, della bellezza, della cura, dell’equilibrio, della gioia, della virtù, della preghiera, costruendo una visione ove centrale è la parola armonia, che presuppone un approccio gentile alle sfide della vita, e una forma mentis inclusiva e flessibile.
Il libro spazia così dagli scenari di un giardino, accudito con cura dalla madre mancata e simbolo della bellezza che si può generare nel mondo con disciplina e impegno, all’esperienza dei non-luoghi del contemporaneo, da riscattare attraverso l’umanizzazione dei rapporti, dall’accidia nichilista al rendimento di grazie per il dono del qui ed ora, dal sogno dell’evasione all’accettazione paziente di un quotidiano impegnativo ma amabile, nella consapevolezza del tempo che fugge, in cui occorre decidersi per la gloria, ovvero esprimere la più profonda verità di noi stessi nella luce dell’essere.
Rifacendosi a Sant’Agostino e a tanta filosofia medievale, ma anche all’esistenzialismo di Sartre e Jaspers, Sottocornola parte così non di rado da elementi autobiografici per giungere a considerazioni teoretiche di vasta portata, come accade nel saggio mémoire, oggi sempre più frequentato perché obbedisce a un’esigenza di verità e autenticità che l’astratta teoria di solito non riesce a soddisfare.
Il risultato è uno sguardo che vorrebbe esprimere “una attitudine di rispetto e venerazione per tutto l’esistente, e dunque anche per le diverse forme di consapevolezza che lo accompagnano, che si esprimono attraverso i più svariati modelli culturali, teoretici, estetici, spirituali, senza però implicare una sorta di sradicamento dalle proprie origini o ambiente culturale, ed anzi cogliendo in esso l’unica occasione autentica di assunzione del proprio vissuto […] come luogo manifestativo dell’Assoluto nel relativo”, spiega l’autore nella sua Introduzione.
Le riflessioni contenute in “Fiorire nel deserto”, che implicano habitus e linguaggio filosofico, attingendo al grande patrimonio della spiritualità occidentale, “non presuppongono la fede ma la attraversano con la non modesta ambizione di renderne fruibili i contenuti nella forma più universale possibile, dunque a credenti e non credenti (categorie ormai fluide e opinabili: tutti crediamo in qualcosa…), stimolando negli uni e negli altri un processo di revisione nell’ottica di una più profonda consapevolezza, propedeutica, se possibile, a una vita più autentica e a una fede – qualunque essa sia per ciascuno di noi – più felice e matura” – conclude Sottocornola – perché “… troppo spesso siamo distratti, procediamo per cliché e luoghi comuni, ma se ci sforziamo – come voleva Agostino – di essere presenti alla nostra vita, ma soprattutto al suo fondamento, vedremo crescere in noi lucidità, libertà, amore”.
Biografia
Claudio Sottocornola (Bergamo, 1959) si è laureato all’Università Cattolica di Milano con una tesi in Storia della teologia. Già ordinario di Filosofia e Storia nei licei, è stato docente di IRC, Materie letterarie, Scienze dell’educazione e Storia della canzone e dello spettacolo alla Terza Università di Bergamo. Iscritto all’Ordine dei giornalisti dal 1991, ha collaborato con diverse testate, radio e tv. Come filosofo si caratterizza per una forte attenzione alla categoria di interpretazione, alla cui luce indaga il mondo contemporaneo, ed ha spesso utilizzato musica, poesia e immagini per parlare a un pubblico trasversale, nelle scuole, nei teatri e nei più svariati luoghi del quotidiano. È autore di numerose pubblicazioni, che coinvolgono tre aree tematiche prevalenti: l’autobiografia intellettuale, la cultura popular contemporanea, l’attuale crisi del sacro in Occidente e la sua possibile rimodulazione teologico-filosofica. Fra le opere più recenti, “Saggi Pop” (Marna, 2018), “Parole buone (Marna/Velar, 2020), “Occhio di bue” (Marna, 2021), “Tra cielo e terra” (Centro Eucaristico, 2023).